lunedì 9 luglio 2012

Bocca di Plastica



Forse solo per un lungo interminabile attimo sono stata capace di fermarmi, per permettere alle immagini che scorrono fuori il finestrino di parlarmi. E ho guardato gli alberi correre.
E ho scoperto che sono il mio riflesso. I fari che illuminavano l'asfalto caldo di una giornata
con troppe macchine per essere chiamata giornata. Un desiderio nello stomaco, una musica stonata di violini. Ho respirato forte, morso le labbra e toccato il vetro convinta di poter raccogliere fotogrammi di tempo e di poterli poi mangiare, assaggiare...
Scorreva tra le mie ciglia di rimmel l'immagine di ricordi increspati dalla nausea di
essere quello che vogliono gli altri. Le palpebre si sono strette, le ho sentite umide, mi sono sorpresa ed ho riso.
La slot machine è partita, tutti abbiamo tirato la sua leva ma a Las Vegas ci sono possibilità infinite e nessuno ti dirà mai di fermarti. Fino a quando ne avrai la forza ostenterai sorrisi plastici e mani provate da ammoniaca. 
Forse adesso vorrei farmi più in là.
Fuggire per non essere vista è stato divertente, nascondere la mia presenza dietro gli altri e poi uscire quando il mio pensiero era poco più che un ricordo di uno straniero, un giorno, per caso. Sono andata veloce, troppo veloce, il vento è sempre stato il mio parrucchiere ma adesso, in questa scatola triangolare devo raccogliere il tempo, il fiato ed essere letta, letta da chi non ha gli occhi per godere delle immagini della realtà, letta da chi ha la sua immaginazione e gli odori, le sensazioni e nient'altro. Guardata da un  cieco.